Lo sappiamo tutti che di mamma ce n’è una sola. Per ognuno di noi ha un unico codice fiscale e un’unica faccia.
Anche dal punto di vista socio-culturale la mamma è ben definita, in tutto il mondo la mamma è quella che ama e si prende cura dei figli più che di se stessa.
Salvo un numero limitato di eccezioni, statisticamente molto limitato, per tutti la mamma è questa.
La religione invece non è uguale per tutti. Ci sono migliaia di culti e anche all’interno dello stesso culto, della stessa setta, ognuno ha una propria interpretazione della sacralità, delle regole e dei comportamenti da tenere.
Non solo, la gente cambia tranquillamente fede. Cambia interpretazione, delle scritture sacre. Cambia approccio con le sue credenze. Cambia di tutto, sia a livello individuale, che di grande comunità.
Basta che guardiamo semplicemente in casa nostra e possiamo vedere le enormi differenze che ci sono oggi, anche nella chiesa ufficiale, rispetto solo a pochi anni fa, ancora più grosse sono le differenze nei comportamenti individuali.
Paragonare la mamma alla religione, come ha fatto il papa, è ridicolo. Non dico che l’una sia più importante dell’altra, dico semplicemente che stanno come capra e cavoli.
Dire che “è normale che se uno insulta la mia mamma si debba aspettare un pugno e, quindi, che anche uno che insulta la mia religione se lo debba aspettare”, fa veramente scompisciare dalle risate.
Prima di tutto, non è per niente normale che uno si debba aspettare un pugno per un insulto di/a chicchessia.
Se mi dite che di fronte ad un insulto mi debbo aspettare un insulto, ci sta. Sarebbe meglio rispondere mantenendo il controllo, ma non sarò io a fare questa critica, visto che mi è successo poco tempo fa di cadere vittima della rabbia e aver risposto veramente al di sopra delle righe.
Ma passare dall’insulto al pugno, ce ne passa e molto. Sicuramente non lo possiamo vedere come cosa normale.
Se poi sostituiamo il pugno con l’omicidio o, addirittura, la strage, diventa un ragionamento davvero inaccettabile.
Stavolta il Papa faceva meglio a stare zitto o dire l’unica cosa che si può dire, cioè che “nessuno deve ammazzare nessuno, per nessuna ragione al mondo”. Punto.
Non ci sono scuse per gli assassini. L’unico caso in cui può essere accettata la morte di un altro uomo è la stretta legittima difesa, dove si togle una vita per difendere una vita, ma il vero caso limite.
caro Valerio
al di la’ delle espressioni colorite del Papa, ne condivido profondamente il concetto di fondo: la libertà di ognuno trova un limite nel rispetto dell’altro. “Non sono d’accordo con quel che dici, ma mi batterò fino alla morte perché tu abbia il diritto di farlo”: credo che questa frase, figlia dell’illuminismo e cuore della nostra cultura, non possa prescindere totalmente dal rispetto dell’altro. Può essere difficile caso per caso capire quale debba essere la “linea di demarcazione” fra libertà e rispetto, però non possiamo prescindere dal fare questa valutazione.
In questi giorni ho alzato la matita, perche’ secondo me e’ simbolo di una liberta’ di espressione autentica e non equivocabile. Ma non me la sono sentita di unirmi al coro dei “je suis Charlie”. Si puo’ (e si deve) esprimere solidarieta’ alle vittime (vignettisti ed ebrei) di un attacco barbaro, senza necessariamente sostenere (o dare l’impressione di farlo) un giornale che (per me) e’ inutilmente offensivo, che incarna un concetto di espressione di liberta’ a prescindere da tutto e da tutti. Non e’ la liberta’ che ho in mente io.
Fraternamente in disaccordo, un abbraccio (e niente pugni)
Sul “… mi batterò fino alla morte perché tu …”, siamo d’accordissimo. E’ una frase che sono disposto a sposare e a giurarle fedeltà eterna.
Su quali siano i limiti a cui si deve fermare la satira, probabilmente, dovremmo discutere una settimana, prima di trovare una sintesi comune (un po’ della mia idea l’ho esposta nel post Della satira).
Ma il mio articolo non verte su questo. Il problema principale è che non ci possono essere scusanti di alcun tipo per chi solleva il fucile e spara.
Mi è chiaro che il Papa non intendeva incitare alla violenza e intendeva dire qualcosa tipo “Non ci stupiamo se …”, ma non doveva dirlo comunque. Non doveva nemmeno dire che “non si può uccidere in nome di Dio”, doveva dire “Non si può uccidere”. Punto.
Un assassino è un assassino, che voglia bene alla sua mamma o meno.
Hai visto come Erdogan ha sfruttato subito la dichiarazione del capo della più potente chiesa occidentale, lui che i giornalisti dissidenti li incarcera, per sfilarsi dalle posizioni garantiste dichiarate “obtorto collo” in questi giorni?