L’Aradio – Ricerca Aperta, se ricordo bene, trasmetteva da Porta Santo Stefano. Su di loro non pendeva nessuna stupida imputazione di guidare la rivolta, nessuno li accusava di nulla, ma ebbe l’ardire di ospitare alcuni redattori di Radio Alice (dire “redattori di Radio Alice” fa un po’ ridere, perché Alice non aveva una redazione, ma tant’è).
Fatto sta che poco dopo che L’Aradio aveva generosamente messo i microfoni a disposizione di Alice, arrivò la polizia che arrestò tutti quelli che erano presenti, dell’una e dell’altra emittente.
Logica? Intelligenza? Senso del ridicolo? Rispetto del diritto? Senso democratico?
Tutta roba che i servi di uno stato che uccide per nascondere le proprie ruberie non conoscono neanche da lontano.
Daltronde Kossiga l’aveva detto, mentre preparava la nuova legge che scagionava i poliziotti che usavano le armi nei servizi di ordine pubblico: “Per ogni volta che Radio Alice riaprirà, noi la richiuderemo”.
Illuso!
Radio Alice riaprì qualche giorno dopo e non fu più richiusa dalla polizia. Merito di questo fu soprattutto di un gruppo di intellettuali (e non solo) bolognesi che si costituirono in una nuova cooperativa, riaprirono la radio e la riconsegnarono a chi la radio la faceva prima, il movimento, tutti e nessuno, senza nulla pretendere, né materialmente, né moralmente, per questo atto.
Ma nel giro di un paio d’anni, sia Alice che L’Aradio morirono di morte naturale, per difficoltà di gestione, per difficoltà economiche. Ciò che non riusci a fare Kossiga, lo fece più banalmente la vita stessa. Ma è giusto così. Altre cose abbiamo fatto, altre strade ci si sono aperte davanti.