Sono nato a Bologna, nel 1950 (fate voi i conti).
Mi sono sempre interessato di musica, di tecnologia e di informazione.
Dal punto di vista lavorativo, credo di dover citare la nascita come “fonico” e la successiva, ventennale, esperienza come commerciante prima di Hi-Fi ed elettronica di consumo, poi di computer e sistemi informatici. Dal ’96, invece, faccio il consulente informatico, in particolare come progettista di applicazioni gestionali e di basi di dati complesse, anche svolgo anche funzioni di ICT Manager in ambito industriale.
Ma da quando mi sono reso conto che l’uomo è un animale sociale e che il nostro futuro è strettamente connesso alla nostra capacità di lavorare/crescere insieme (sicuramente molta di questa consapevolezza è da attribuire anche alla mia esperienza Scout), ho sempre cercato di essere un elemento attivo di questa società.
Questo per me ha voluto dire anche impegnarmi attivamente sul fronte politico, anche se con i miei tempi e i miei modi (nei modi prima di tutto metto la metodologia nonviolenta).
Per quanto riguarda la mia partecipazione attiva alla vita sociale e politica, dunque, vale la pena di parlare di questi eventi:
1970: Scelgo l’Obiezione di Coscienza e, in attesa di essere chiamato a svolgere il servizio militare, avendo maturato una coscienza libertaria ed antimilitarista e avendo scelto il metodo nonviolento, mi trasferisco in Valle del Belice in Sicilia, dove, collaborando con il “Centro studi ed iniziative della Valle Belice”, mi dedico all’organizzazione della renitenza alla leva dei giovani del Belice, per ottenere un servizio civile alternativo al servizio militare, in funzione della ricostruzione post terremoto.
1971: Nel frattempo, insieme ad altri 7 Obiettori di Coscienza, con cui sono entrato in contatto, partecipo a Milano al Collettivo Abbaino, il primo collettivo di Obiettori di Coscienza.
Pur proveniendo da ideologie ed esperienze differenti, firmiamo un unico documento politico e progettiamo un’attività di propaganda del rifiuto del servizio militare, che si discosta dal, fino ad allora, tipico rifiuto individuale per diventare azione collettiva e di massa.
Arrestato per “mancanza alla chiamata”, passo 3 mesi nei carceri militari di Peschiera del Garda e di Gaeta. Dopodiché continuo la mia azione fondando con altri a Bologna il mensile antimilitarista Se la Patria Chiama …
1972: Il lavoro del Collettivo Abbaino e dei tanti gruppi antimilitaristi e nonviolenti ha dato grandi frutti. Al collettivo continuano ad aggregarsi Obiettori che sottoscrivono il documento comune e nel marzo, insieme ad altri 3 di loro (fra cui Roberto Cicciomessere, segretario nazionale del Partito Radicale), accompagnato da un migliaio di sostenitori, mi consegno ad una caserma dei Carabinieri di Torino, in quanto ancora ricercato per “mancanza alla chiamata”, facendomi arrestare nuovamente e passando altri 6 mesi nelle carceri militari di Peschiera (pag. 5-9), più una ventina di giorni in attesa di processo per oltraggio al Tribunale Militare di Torino.
Intanto gli obiettori di coscienza che hanno sottoscritto il documento comune sono diventati centinaia. Questo costringe il parlamento ad approvare nel dicembre la legge sull’Obiezione di Coscienza e il Servizio Civile Sostitutivo.
1973: Partecipo alla fondazione della Lega degli Obiettori di Coscienza (LOC), con cui si comincia a progettare un Servizio Civile che possa essere effettivamente servizio per la comunità.
1974-75: Parto con il primo scaglione di obiettori per il primo tentativo di attuazione del neonato Servizio Civile: 3 mesi di stage presso l’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste (sotto la direzione di Franco Basaglia) e il rimanente del servizio presso un’equipe Psico-pedagogica della Provincia di Bologna, che fa servizio sul territorio montano.
Da sempre interessato a progetti di informazione e comunicazione, nel dicembre ’74 partecipo a Bologna alla prima esperienza di emittente radiofonica libera Radio Bologna per l’accesso pubblico (3 giorni di sperimentazione), a cui partecipa anche il regista Roberto Faenza.
1975: Partecipo alla fondazione di Radio Alice, lavorando soprattutto agli aspetti tecnici ed organizzativi della radio, ma anche al progetto linguistico e di comunicazione che fu poi tanto studiato dai mass-mediologi di tutto il mondo.
1976: Nel febbraio Radio Alice inizia ufficialmente le trasmissioni, diventando il punto di riferimento di di tutto il movimento antagonista, giovanile e non, di Bologna e modello mondiale di nuove logiche e linguaggi di comunicazione. La scelta metodologica è quasi banale, ma deflagrante: nessun tipo di filtro o di censura nei confronti di persone, idee o linguaggi, neanche (o soprattutto non) autocensura, nessun tipo di struttura organizzativa o palinsesto predefinito; tutto poggia sulla creatività e la spontaneità.
1977: L’11 marzo, la polizia uccide a Bologna lo studente Francesco Lorusso. In seguito a questo barbaro episodio, gran parte della città e il movimento insorge e si hanno gravi e violenti scontri; la città viene messa sotto assedio dalle forze di Polizia. Radio Alice fa ciò che ha sempre fatto, cioè trasmette senza filtri e censure le telefonate e i commenti di chiunque, e viene accusata della direzione della rivolta.
La sera del 12 marzo la polizia irrompe a Radio Alice e arresta tutti quelli che trova, fra cui me. Tutti noi arrestati veniamo pesantemente picchiati negli uffici della Squadra Mobile e poi tradotti al carcere di San Giovanni Monte.
Dopo 3 mesi e mezzo di carcere vengo liberato a seguito di un nuovo pestaggio a cui vengo sottoposto nel carcere di Modena e all’intervento di Emma Bonino che viene a trovarmi in carcere. Il processo per i fatti di Radio Alice si terrà solo 7 anni dopo e, neanche a dirlo, finisce con la nostra assoluzione.
Radio Alice chiude definitivamente nel ’79.
2002: Partecipo alla fondazione di OrfeoTv, la prima Tv di quartiere in Italia e alla costruzione del progetto Telestreet, il circuito che riunisce le Televisioni di Strada.
Il progetto Telestreet, che noi chiamavamo di Proxivisione e non di Televisione, ha suscitato molto interesse in Italia e nel mondo, tanto che ne hanno parlato più volte praticamente tutti i principali organi di informazione italiani e molti stranieri, ma non è mai riuscito a decollare come avrebbe potuto fare.
Degli oltre duecento gruppetti di mediattivisti che hanno cominciato a lavorare alla costruzione di una Tv di strada ne sopravvive solo qualcuno. Ormai si sono trasferiti tutti sul Web, ma sono nate anche esperienze dichiaratamente ispirate a Telestreet in Spagna, Germania, Argentina, Olanda, ecc.
Da allora, quando non lavoro, scrivo un po’ di qua e un po’ di là, passo parecchio tempo su Twitter e, quando posso, navigo per il Mediterraneo.
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